Torna l’angolo dedicato alle interviste agli autori di Berica Editrice. Questa volta è il turno di Davide Sacco che ha già pubblicato ben sei volumi. E non ha intenzione di fermarsi qui. Infatti, è già in cantiere il settimo libro.
Davide Sacco è nato a Vicenza nel 1967. Tra le sue pubblicazioni, vanno ricordati l’umoristico Mai dire Noaro (recentemente ripubblicato con una nuova veste grafica), il memoriale Fuori classe e la raccolta di racconti Contromano a Vicenza.
Quale è stato il libro più “facile” da scrivere? E il più “difficile”?
Non direi che esistano differenti livelli di difficoltà nella stesura d’un libro. Più complicato è trovare il tempo, perché la scrittura è un esercizio delicato e bisogna, perciò, sempre approcciarla con il pensiero costante al rispetto della sensibilità di chi un domani potrebbe ritrovarsi a leggere le tue cose. Sono convinto in generale che occorra aver chiare in testa la prima pagina e l’ultima: le altre due o trecento poi fioriscono abbastanza con facilità se hai un obiettivo dai contorni ben definiti, cioè consapevolezza piena del messaggio che vuoi portare avanti con la tua storia.
Cosa la ispira durante la scrittura? (Musica, un luogo in particolare, ad esempio)
Non ho mai sperimentato situazioni così indispensabili e propiziatrici “durante” la scrittura, quanto piuttosto mi capita preventivamente di cogliere accadimenti che paiono esistere apposta per ispirare “poi” la scrittura. Per il resto si può creare ovunque e in qualsiasi contesto emotivo: in treno, in auto (meglio se guida un altro, naturalmente!), la sera tardi dopo che la famiglia si è arresa a Morfeo, oppure durante certi soporiferi convegni-fiume cui ti tocca prender parte simulando interesse all’ascolto più per malvissuto senso dell’educazione che per reale necessità.
Quando ha iniziato a scrivere?
Il “vizio” della scrittura risale, credo, ai tempi delle scuole che che all’epoca si chiamavano ancora elementari. Nella costanza educativa di un’integerrima maestra che conosceva sul serio la lingua italiana ritengo vadano ricercate le radici della mia inclinazione allo scrivere, unitamente a un’istintiva curiosità che da sempre mi appassiona per tutto ciò che mi gira intorno, con preferenza per le persone e le strade spesso tortuose lungo le quali transitano le loro vite.
Quando ha letto il suo primo libro?
Se apro il cassetto dei ricordi, ho la ragionevole certezza che la mia prima lettura “importante” sia stata Il giornalino di Gian Burrasca, che l’insegnante di cui sopra mi aveva consigliato forse pensando che avrei apprezzato quel personaggio che, secondo lei, tanto mi assomigliava, anche se avrei capito molto tempo dopo che quell’accostamento non valeva proprio come il migliore dei complimenti. Peraltro, santa donna, in classe aveva almeno un’altra decina di Gian Burrasca, dei quali tuttavia mi piace immaginare andrebbe oggi orgogliosa per averli didatticamente attrezzati a conseguire bei risultati, talora vere e proprie rivincite, anche sulla vita nel caso di alcuni miei compagni economicamente nati magari dalla parte sbagliata della sorte.
Quando ha capito che voleva diventare uno scrittore?
Ci sono cose che si capiscono ed altre che, molto più semplicemente, capitano. Così è successo a me. Chi è in grado di decidere a tavolino (a parte un mio meticoloso amico ingegnere) che un giorno si innamorerà proprio di quella ragazza e non di quell’altra? La scrittura, come certi sentimenti, nasce per gemmazione senza un perché. Di sicuro non ho mai “voluto” scrivere, l’ho cominciato a fare e mi è da subito venuto naturale, alla stessa maniera in cui da piccolo era quasi genetico correr dietro a un pallone o aver desiderio di volare su una bicicletta.
Come scrive di solito la prima bozza, a mano o a computer?
Mi appassionano poco le categorie della bella e della brutta copia. Reputo più funzionale e meno dispendioso in termini di energia e tempo chiarirsi a monte le idee su cosa si voglia e come lo si voglia raccontare. Poi, affidare alla penna i propri pensieri già definitivi per contenuto e forma, piuttosto che imbarcarsi a posteriori in certosini lavori di eliminazione, scrematura e rifinitura per buttar via il superfluo. Senz’altro la tecnologia è di grande giovamento, perché la tastiera di un computer agevola in quelle operazioni di taglia/copia/incolla che con la cara vecchia penna non erano consentite.
C’è qualche aneddoto relativo ai suoi libri che ci vuole raccontare?
Sicuramente la reazione di mio figlio più piccolo la prima volta che ad un mio scritto era capitato di venir premiato con un prestigioso riconoscimento a un concorso letterario. Il fanciullo, che al tempo non aveva neppure dieci anni, dopo aver rimirato e rigirato tra le mani l’assegno e la targa in argento che mi erano stati consegnati, se ne uscì con un: «Complimenti papà, non l’avrei mai detto!» Son soddisfazioni… Più o meno.
I libri scritti da Davide Sacco sono disponibili nel nostro Shop in formato cartaceo ed e-book.